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LA STORIA DEL PANE di NICOLA RIZZI

TESTIMONIANZA ABITANTE

LA STORIA DEL PANE
NICOLA RIZZI

"Il pane era fondamentale per la famiglia: era motivo di orgoglio"

"Il pane era fondamentale per la famiglia: era motivo di orgoglio"

Il rapporto tra la città di Matera e il pane è un rapporto che si perde nella notte dei tempi. Il pane era qualcosa di fondamentale per la famiglia perché non era solo il nutrimento fisico ma in qualche modo rappresentava anche l’orgoglio di fare questo pane che doveva essere il pane più buono della vicina di casa. Per farlo questo pane ci voleva un elemento essenziale, l’amore.

In questa città, nei Sassi soprattutto, avevamo oltre 20 forni che lavoravano dall’alba al tramonto e qui ne vedete, qui proprio era allocato uno di questi forni. Questo punto era un punto pieno di gente perché attendeva l’infornata e attendeva anche la sfornata per sentire il profumo e per vedere se il prodotto del proprio lavoro e del proprio orgoglio era riuscito bene. L’artista Peppino Mitarotonda ha  riprodotto in alcune opere d’arte che poi sono state pubblicate insieme a un racconto che appunto si intitola “C’era una volta il forno di una volta”.

Le radici di Matera sono acqua, pane, luce e chiaramente Nicolino mi ha dato lo spunto per fare una serie di piatti che sono istoriati e che raccontano proprio la storia e la nascita del pezzo del pane. L’ho raccontato vedendo dall’alto le cose come se fosse un racconto visto dall’esterno. La mamma lasciava ancora i figli e il marito a dormire nel letto per la partecipazione al primo forno per poter preparare il pane per le ore sette e mezza, otto circa e ovviamente poi dedicarsi alle faccende di casa.

Il forno non era solo il luogo della cottura del pane, ma era un vero centro sociale. Intorno al pane succedevano tante altre cose. Cose belle e cose brutte.

Per riconoscere il pane si usavano dei timbri, che sono i famosi timbri in legno, che riportavano le iniziali della famiglia. Quando questo non era  possibile, si facevano dei segni particolari, delle croci, dei segni, dei tagli, che identificavano il pane di quella persona. Certe volte il pane poteva essere anche scambiato, però era una tragedia ovviamente, perché ognuno ci teneva al proprio pane, perché riteneva che il proprio fosse il migliore in assoluto di tutti gli altri.

Il rapporto tra la città di Matera e il pane è un rapporto che si perde nella notte dei tempi. Il pane era qualcosa di fondamentale per la famiglia perché non era solo il nutrimento fisico ma in qualche modo rappresentava anche l’orgoglio di fare questo pane che doveva essere il pane più buono della vicina di casa. Per farlo questo pane ci voleva un elemento essenziale, l’amore.

In questa città, nei Sassi soprattutto, avevamo oltre 20 forni che lavoravano dall’alba al tramonto e qui ne vedete, qui proprio era allocato uno di questi forni. Questo punto era un punto pieno di gente perché attendeva l’infornata e attendeva anche la sfornata per sentire il profumo e per vedere se il prodotto del proprio lavoro e del proprio orgoglio era riuscito bene. L’artista Peppino Mitarotonda ha  riprodotto in alcune opere d’arte che poi sono state pubblicate insieme a un racconto che appunto si intitola “C’era una volta il forno di una volta”.

Le radici di Matera sono acqua, pane, luce e chiaramente Nicolino mi ha dato lo spunto per fare una serie di piatti che sono istoriati e che raccontano proprio la storia e la nascita del pezzo del pane. L’ho raccontato vedendo dall’alto le cose come se fosse un racconto visto dall’esterno. La mamma lasciava ancora i figli e il marito a dormire nel letto per la partecipazione al primo forno per poter preparare il pane per le ore sette e mezza, otto circa e ovviamente poi dedicarsi alle faccende di casa.

Il forno non era solo il luogo della cottura del pane, ma era un vero centro sociale. Intorno al pane succedevano tante altre cose. Cose belle e cose brutte.

Per riconoscere il pane si usavano dei timbri, che sono i famosi timbri in legno, che riportavano le iniziali della famiglia. Quando questo non era  possibile, si facevano dei segni particolari, delle croci, dei segni, dei tagli, che identificavano il pane di quella persona. Certe volte il pane poteva essere anche scambiato, però era una tragedia ovviamente, perché ognuno ci teneva al proprio pane, perché riteneva che il proprio fosse il migliore in assoluto di tutti gli altri.

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